18 Maggio 1999
LA REPUBBLICA

Allarme del Cnr: le qualita' migliori spazzate via dal mercato
La strage della frutta
500 specie al capolinea

di ANTONIO CIANCIULLO

ROMA - Prendete cento tipi di pera. Buttate subito quelle dal profumo piu' intenso, dalla polpa tenera, dalla maturita' breve e perfetta. Scartate poi anche quelle che durante il trasporto non vantano l'impertubabilita' di una balla di fieno e la solidita' di una bottiglia di Pvc. Otterrete la scelta presente sul mercato italiano: per frutta e verdura e' in atto da anni una selezione spietata che elimina le specie adatte al palato ma non alle grandi catene di distribuzione. Si sacrificano i prodotti che dal rapporto con la natura hanno ereditato la diversita' individuale e si promuovono quelli che escono dalla catena di montaggio identici come bulloni.

La denuncia viene da una fonte qualificata, l'istituto di germoplasma del Cnr che ospita l'unica banca italiana di Dna vegetale: 80 mila campioni raccolti in tutto il mondo (13 mila dall'area mediterranea). Secondo Pietro Perrino, direttore dell'istituto, ormai una buona parte della diversita' genetica che ha contribuito a far grande la cucina italiana sopravvive solo negli archivi delle banche genetiche.

Certo conserviamo ancora in campo tutte le materie prime, ma in modo sempre piu' approssimato, piu' indifferente al valore dell'unicita', piu' interessato al potenziale commerciale legato ai grandi numeri. La meta' delle 6 mila piante italiane rischia di sparire e per 500 la sorte e' praticamente segnata. Non va meglio con la frutta: non sono piu' reperibili 4 mila delle 8 mila varieta'.

Mentre i mercati rionali si restringono anno dopo anno e gli ipermercati divorano le campagne attorno alle citta', solo gli amatori disposti a qualche sacrificio riescono a procurarsi la cicerchia e le varieta' piu' rare di lenticchie e di fave, il pero reale, il fico regina, la cipolla di Acquaviva delle Fonti.

E l'allarme cresce perche', oltre ai sapori, a rischio e' nche la sicurezza alimentare: tra le specie mandate al macero perche' non piu' di moda possono esserci piante capaci di resistere a condizioni climatiche avverse come quelle che potrebbero caratterizzare un mondo segnato dal cambiamento climatico.

"Siamo di fronte a una minaccia gravissima", commenta Carlo Petrini, presidente dello Slow Food. "Potremmo perdere elementi indispensabili alla nostra cucina, cioe' a una parte integrante dell'immagine Italia. Penso al cardo gobbo di Nizza Monferrato, tanto tenero da essere mangiato crudo, al sedano nero di Trevi, dolcissimo e privo d i filamenti, all'asparago violetto di Albenga o ai pomodorini di San Marzano, ormai uccisi da ibridi molto lontani dal prodotto originale. Per fermare questa strage di sapori c'e' un'unica speranza: regionalizzare i consumi, bypassare i circuiti che vendono plastica e dare spazio ai piccoli coltivatori custodi della diversita' alimentare".

 

IL PERSONAGGIO
Dalla Ragione e le sue 350 piante viventi in via di estinzione
"Io, archeologo degli orti perduti"
Ha speso una vita per far rinascere cio' che era stato distrutto dall'agricoltura industrializzata

ROMA - Lo chiamano l'archeologo delle piante. Ha speso una vita a frugare nei poderi isolati, nelle vecchie proprieta' abbandonate, negli orti dei conventi di clausura tradizionalmente basati su un'economia di sussistenza. Ha imparato a scavare sotto le rovine dell'agricoltura industrializzata per estrarre perle genetiche. E non si e' accontentato di disporle in fila sugli scaffali di un laboratorio: le ha portate nella sua casa, una chiesa sconsacrata vicino a Citta' di Castello, per farle tornare in azione. Il creatore di questa collezione vivente di piante in via di scomparsa si chiama Livio Dalla Ragione ed e' stato anche il fondatore di uno dei primissimi musei di cultura popolare in Italia.

Quanti alberi minacciati di estinzione e' riuscito a salvare finora?
"Ho 350 piante, ma tenerle non e' facile. Le ho sparse qua e la' per adattarle al luogo e per studiare le reazioni nei diversi ambienti. E le mantengo utilizzando solo sistemi naturali. Il che e' un'impresa perche' perfino il letame costa caro".
Usa metodi alternativi di lotta agli insetti?
"No. Invece di comprare dei preparati abbiamo aggiunto le piante da cui vengono estratti: il piretro che da' dei fiori bellissimi tra il giallo e il bianco, l'achillea millefoglie, tanti tipi di lavanda. Sembra che funzioni: anche questo e' un esperimento".
Le danno soddisfazione gli alberi recuperati con tanta fatica?
In cucina di sicuro. Sono riuscito a rendere vivi sapori descritti dai classici come Varrone, Plinio, Mattioli. Quelli che ricordavano che per assaggiare un fico maturo bisogna aspettare che "abbia il collo torto, la camicia stracciata da furfante e l'occhio lacrimoso". O che, durante i periodi di grande calura, consigliavano di mordere una pera ghiacciola che disseta piu' di un bicchier d'acqua".
Quali sono le specie piu' rare?
"Ci sono la mela bianchina e la pera briaca, che Castore Durante da Gualdo usava per fare il vino perche' se andava a fondo significava che il vino era puro, se restava a galla significava che era mischiato ad acqua. Poi ci sono i frutti che prendono il nome dall'epoca di maturazione, come la mela rossa al presepe o la pera luglia. E ancora la mela del castagno, la renetta del cardinale. L'elenco e' infinito, come infiniti sono i modi di dire, le conoscenze e le tradizioni legati a una cultura della terra che si e' ormai praticamente persa".
Spera di riuscire a conservarne un pezzetto?
"Altrimenti non avrei cominciato. Ma ogni giorno che passa tutto diventa piu' difficile. Tanti parlano di salvare la natura, ma pochi la conoscono e nessuno sostiene i tentativi concreti. Io vado avanti con l'aiuto di mia figlia e con le 50 mila lire che mi da' chi adotta una delle mie piante".